Il 9 marzo 2020, a seguito dell'epidemia globale da Covid-19, l'Italia decretava il lockdown della nazione. In assenza di cure, l'unico modo conosciuto per difendersi dalla pandemia era quello del distanziamento sociale.
Abbiamo cominciato a vivere tra le nostre mura domestiche e gli unici motivi per uscire di casa erano legati ai bisogni primari o al lavoro, o esclusivamente per esigenze indifferibili ed urgenti. Per molti è iniziato il lavoro in smart working, in solitudine, davanti allo schermo del PC. Gli scambi sociali avvenivano esclusivamente con le persone del proprio nucleo familiare e, in molti casi, non era possibile incontrare gli affetti più cari.
Finito il lavoro, personalmente ero sempre nello stesso luogo. La sera, pur nella sicurezza del mio letto, la mente continuava ad aggrovigliarsi in un senso di costrizione ed ha iniziato a rielaborare nei sogni una serie di immagini che, quasi inconsapevolmente, avevo scattato nei tempi precedenti alla pandemia. Erano foto che ritraevano mura, finestre, recinzioni, sbarramenti, confini, steccati, orizzonti infiniti e qualche persona che li fissava da una panchina…
Poi un giorno in TV incominciarono a scorrere immagini di persone che si affacciavano ai balconi a cantare qualche verso per sentirsi vive. È stato allora che una parola ha iniziato ad echeggiare nella mia mente, era: OLTRE.
OLTRE era il pensiero "sempre sbarrato", perché non si poteva evadere da questa oppressione contingente.
Luigi Cipriano
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